Secondo i dati dell’ Organizzazione mondiale della sanità,
in Italia i malati mentali gravi sono 600 mila, con seimila nuovi casi l’anno, soprattutto tra i giovani alla fine
dell’adolescenza. Se contiamo le persone che hanno una sofferenza mentale più o meno grave, il numero sale a
10 milioni.
Praticamente un italiano su sei.
Ce n’è abbastanza per chiedersi perché, proprio nella
patria della legge 180, che rivoluzionò la psichiatria italiana e internazionale, di malattia mentale si parli pochissimo,
tanto che nessuno sa esattamente se c’è e com’è il sistema di prevenzione
e cura e quale sia il modo migliore di affrontarla. Le famiglie si accorgono delle carenze del
sistema quando il problema è ormai palese. La vergogna fa il resto: nasconde la malattia,
ritarda la diagnosi e le cure.
In molti casi non si è aiutati neppure dal medico di base,
che a sua volta non è
abbastanza informato Il malato, intanto, rischia di aggravarsi e diventare cronico. Accertata la
diagnosi, sorge il problema: quale cura? Farmaci si, farmaci no, questo o quel modello terapeutico,
questa o quella struttura. È a questo punto che si scopre la dura verità: la famiglia
è spesso sola a gestire un problema troppo grande. Di sicuro soffre; sovente entra in crisi;
non di rado si rompe. Il fantasma di un possibile ritorno al passato ci impone di capire meglio le
difficoltà e le aspettative delle famiglie.
Da tutte queste riflessioni nasce la Onlus “Nardone
Watzlawick” che intende essere un esempio di come la malattia mentale si può vincere.